Sempre più spesso mi capita di vedere persone all'apparenza non indigenti frugare nei cassonetti dell'immondizia alla ricerca di qualcosa da recuperare, che può essere cibo, ma anche piccole suppellettili casalinghe (comodini, sedie, poltrone, elettrodomestici, ecc. ecc.). Conosco anche personalmente più di qualcuno che mi ha raccontato di aver dato nuova vita a oggetti e mobili rinvenuti nella spazzatura e ne ho letto anche in giro sul web di questa pratica.
Questa cosa mi porta a fare delle riflessioni.
A me l'idea di andare a cercare nell'immondizia dà il senso di un gesto degradante, avvilente, da povertà estrema. E se non fosse più così? Se almeno in parte stesse diventando una strategia anti-crisi in lenta diffusione?
Il problema è che il cassonetto è un luogo che si associa al rifiuto, fatto di sporcizia e di puzza. Oltretutto sostengo da sempre che la busta della spazzatura sia una delle più potenti depositarie della nostra privacy, e chi fruga in cerca di qualcosa, in un certo senso fruga nell'intimità di chi ha buttato quel sacchetto o quegli oggetti, e credo che questo particolare non sia affatto irrilevante nel rendere questa pratica socialmente deplorevole.
Allora mi chiedo, perché non trasformare i cassonetti in modo da rendere più discreto lo scarico e più agevole ed igienico la ricerca e il recupero? Perché non educare le persone a separare i rifiuti irrecuperabili da quelli recuperabili da altri (food e non-food)? Perché non predisporre delle aree di raccolta strutturate e organizzate, più pulite e separate dal cassonetto indifferenziato, dove lasciare o andare a prelevare in modo anonimo, ma anche più igienico?
So che delle sparute iniziative di carattere privato e volontaristico di questo tipo già esistono, ma mi sembra che sarebbe sensato farle diventare pratiche comunali e pubbliche diffuse, accanto all'organizzazione della raccolta differenziata. Allora sì avrebbe senso chiamare gli addetti ai lavori "operatori ecologici".
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