mercoledì 20 marzo 2024

Sposa di qualcuno, madre di chiunque, io non sapevo cosa fosse la vocazione a essere me”.

Michela Murgia, Dare la vita.

Letto in due sere.

Libro postumo, come un’eredità inaspettata, sconvolgente, ingombrante e imprescindibile, che tra le altre cose mi regala finalmente una visione sensata e un’opinione avveduta sulla gravidanza per altri.

Dirò una cosa di Michela Murgia. Non mi piace (leggi, non concordo con) tutto quello che ha detto o scritto. Ma mi stra-piace sempre come lo ha fatto.

L’ultimo capitolo dal titolo “Altre madri. Cosa avrei raccontato a mia figlia quando ero un’altra”. Una chiusura che è al tempo stesso un pugno nello stomaco e un balsamo per il cuore. Un piccolo immenso manifesto di identità sarda - maestosa eppure dai tratti imbarazzanti - descritto con l’amore di un cuore spezzato e guarito di madre e l’acutezza di una mente di donna cosmopolita.

Dopo questa lettura Michela Murgia mi mancherà ancora di più.

Sarà una musica l’identità, e ci canterò sopra la storia che non abbiamo visto, mentre ci accadeva come cosa straniera, quando la benda divenne bandiera, e dimenticammo di essere state regine”.

venerdì 1 marzo 2024

Siamo tutt* femminist* con i privilegi de* altr*.

Ovvero 

Non temo il patriarcato in sé, ma il patriarcato in me.


E comunque la scrittura inclusiva in italiano non è una pratica per boomers.

#facciamocicaso

George Orwell che in 1984 ammonisce sulle inquietanti conseguenze della neolingua e Nanni Moretti che sbraita (dopo aver schiaffeggiato per ben due volte la sua interlocutrice, tra l’altro): “Le parole sono importanti” sono considerati geni progressisti.

Ə femministə che rivendicano il diritto ad un linguaggio più inclusivo e rispettoso sono considerati də gran rompicoglioni.

#facciamocicaso