venerdì 22 giugno 2018

So’ave

Rott’amarsi, amarsi a rotta di collo.

‪Homme sweet homme

Parole che amo: re_sa

La chiave dello yoga naturale è la resa. [...]
Si potrebbe dire che resa è lasciare che sia. [...]
Resa significa scegliere di lasciar andare e permettere che la volontà di qualcosa di diverso da noi faccia il proprio corso, invece del nostro. [...] e questo senza dover progettare, conoscere, forzare o doversi preoccupare in qualche modo di se stessi. [...]
Quando si lasciano le tecniche di volontà, si entra nel reame della resa. [...] Nello yoga naturale non si usa la propria volontà sul corpo, ma si libera il corpo dall'uso della volontà. Si lascia che l'energia vitale faccia quello che vuole con il proprio corpo, invece di usare la volontà per fare qualcosa. [...] Non si tenta di concentrare la mente o l'attenzione su una cosa particolare. [...] Si abbandona l'uso della volontà […].
Lo yoga potrebbe non essere sempre ciò che si desidera e difatti spesso non lo è. Qualche volta ci si annoia, altre volte appaiono cose apparentemente senza scopo […].
Qualsiasi cosa accada, che accada! Esiste solo una condizione ed è quella di dover arrendere il proprio corpo, la mente e i sentimenti alla Verità. Se si è fatto questo, non c'è errore. [...]
L'ego vuole avere tante cose da fare, vuole essere colui che fa. Vuole fare accadere le cose: "Se io faccio questo, poi voglio quel risultato. Voglio il frutto delle mie azioni". [...] Attraverso questa modalità, si rimane sempre legati all'ego e si rimane bloccati nel ruolo di colui che fa [...] piuttosto che arrendere questo "Io".

Charles Berner

https://www.facebook.com/groups/yogaitalia/permalink/1740612766030571/


Parole che amo: carezza.

Piccolo ego mascherato da bambina ferita. Sei piccolo sì, ma quanto puzzi!


Ti va di salire a vedere la mia collezione di rughe?

Parole che amo: ma_turare, ma_tu_rare,

“Lo sai, ci vuole scienza, ci vuol costanza ad invecchiare senza maturità...”
Così cantava Guccini, descrivendo con gran precisione l’illusorietà dell’eterna giovinezza di noialtre affette da sindrome di Peter Pan.

Ma cosa vuol dire maturare? 
Maturo, dal latino maturus, con una forte somiglianza con l’antico slavo matorù (vecchio). La radice etimologica è la stessa di mattutino e di misurare. Infatti anche misurare viene da “mata” nel senso di tempo (“il misuratore per eccellenza”), da cui parole come mattino, metro, mese.

Etimo.it definisce maturo “chi è venuto presto, di buon’ora e indi chi è giunto a compimento, a perfezione”. Infatti, riferendoci alla frutta, quando è matura è il momento migliore di coglierla e mangiarla.

Allora forse non è un caso se la mattina mi sveglio sempre più presto. Invecchiare significa in qualche modo avvicinarsi consapevolmente alla morte; dormire sempre meno, in fondo, è un tentativo di  vivere un po’ di più. 

E se non posso evitare di invecchiare (a meno di non morire), per questi 44 anni e per quelli a venire mi regalo di invecchiare maturando,  di misurarmi verso un compimento* sentendomi finalmente pronta per essere (ac)colta, in primis da me stessa e poi da chiunque lo vorrà.

Maturando, e forse qualche volta sarà un ma turando. 

*parola che a sua volta suggerisce un completamento, con-pire, riempire con, non a caso si dice compleanno o compiere gli anni.








“È perché c’è gente come voi, che c’è gente come me”.

(tratto dal film francese Benvenuti ma non troppo)

Mo’mento

Ti va di salire a vedere la mia collezione di addii?

Che la dedizione non diventi ossessione.
Che la leggerezza non diventi menefreghismo.


Sono nel limbo tra il non s'ostare, non sostare e il non so stare.

Parole che amo: dignità

“Il latino [dignus] è un ricalco del greco [axios] che vuol dire a un tempo degno e assioma. Questo è un punto fondamentale.
Da quel che forse sapremo di matematica o di filosofia, l'assioma è un'asserzione, una verità evidente ed implicita, che prescinde da dimostrazioni: tale è la dignità.
Un valore intrinseco ed umile che scaturisce dall'essere umani, uno status ontologico che non dipende da alcuna scelta, azione, da nessun'altra qualità. La dignità è l'intima, indimostrabile nobiltà dell'uomo, l'intima, indimostrabile nobiltà di ogni essere (animale, pianta, roccia), pilastro postulato su cui si fonda l'intera costruzione del formidabile castello dei diritti civili, della vita civile, della cultura civile - della civiltà.
[...]
In effetti, quando si parla di dignità si tratta di una guglia di valore più che di un pilastro fondativo, da asserire con fermezza, forse, non perché esiste, ma perché esista.
E questa parola, nei suoi altri significati di decoro e di istituzione, ammantata di severità e onore, mantiene sì un certo peso, ma però perde questo suo vertiginoso significato”.

Parole che amo: facoltà

“Facoltà differisce da Potenza e Forza. La Facoltà è una proprietà naturale, per la quale il soggetto, che ne è fornito, è capace di produrre un effetto; e si applica particolarmente alle proprietà attive della mente. [...] In generale e con rigore scientifico si chiama Facoltà la sola potenza attiva, lasciando alla passiva il nome generico di Potenza: onde ogni uomo ha la Facoltà di ammaestrare e la Potenza di essere ammaestrato. Spesso però si confondono. Forza è propriamente la maggiore o minore intensità nell'operare, nell'esercitare le facoltà e le potenze.”

fonte:
Buonanotte
Sogni d’oro
Fai tanti sogni belli
Dormi bene

❤️

Ogni treccia è una traccia.

Mia nonna diceva: “Quando una donna si sentirà triste, quello che potrà fare è intrecciare i suoi capelli, così il dolore rimarrà intrappolato tra i suoicapelli e non potrà raggiungere il resto del corpo.
Bisognerà stare attente che la tristezza non raggiunga gli occhi, perché li farà piangere e sarà bene non lasciarla posare sulle nostre labbra, perché ci farà dire cose non vere; che non entri nelle tue mani – mi diceva – perché tosterà di più il caffè o lascerà cruda la pasta: alla tristezza piace il sapore amaro.
Quando ti sentirai triste, bambina, intreccia i capelli: intrappola il dolore nella matassa e lascialo scappare quando il vento del nord soffia con forza.
I nostri capelli sono una rete in grado di catturare tutto: sono forti come le radici del vecchio cipresso e dolce come la schiuma della farina di mais.
Non farti trovare impreparata dalla malinconia, bambina, anche se hai il cuore spezzato o le ossa fredde per ogni assenza. Non lasciarla in te, con icapelli sciolti, perché fluirà come una cascata per i canali che la luna ha tracciato nel tuo corpo.
Intreccia la tua tristezza – mi disse – intreccia sempre la tua tristezza.
E, domani, quando ti sveglierai con il canto del passero, la troverai pallida e sbiadita tra il telaio dei tuoi capelli.”

Paola Krug