lunedì 24 dicembre 2018

Parole che amo: sì. (Sic!)

Wabi-sabi.
La bellezza dell’imperfezione naturale.
Nulla dura, nulla è finito, nulla è perfetto.

Quel pezzetto di te che è rimasto incastrato nel mio cuore.

"Ci vorrebbe uno stuzzicacuore".

"Perdersi tra i V(entr)ICOLI..."

Ti va di salire a vedere la mia collezione di inverni?

Parole che amo: merenda, lo spuntino che bisogna meritarsi!

https://www.etimoitaliano.it/2014/11/merenda.html

https://unaparolaalgiorno.it/significato/M/merenda

Che non si può volare con un’ala sola, è una triste verità.


Parole che amo: in_nato: nato dentro te.

venerdì 14 dicembre 2018

Nervi saldi. Al 20, 30, 40%


E_qui_voci


José Samarago, Le intermittenze della morte. Citazioni dal libro.



Non sono competente per formulare giudizi [...], vivere con i miei stessi errori mi dà già abbastanza daffare.

Mai più è troppo tempo.

Il risultato finale, ed è proprio questo che caratterizza gli autentici dilemmi, sarebbe stato sempre lo stesso.

Cimiteri di vivi.

Contro ciò che deve essere non c’è forza che tenga.

L’enorme capacità di sopravvivenza di quei famosi lati oscuri della natura umana.

La morte, di per sé, da sola, senza alcun aiuto esterno, ha sempre ammazzato molto meno dell’uomo.

Su di noi, la morte conosce tutto, e forse è per questo che è triste. Se è vero che non sorride mai, è solo perché le mancano le labbra, e questa lezione di anatomia ci dice che, al contrario di ciò che ritengono i vivi, il sorriso non è una questione di denti.

Realmente, non c’è al mondo niente di più nudo di uno scheletro.

Le mani sono due libri aperti, non per le ragioni, supposte o autentiche, della cartomanzia, con quelle linee del cuore e della vita, della vita, signori miei, avete sentito bene, della vita, ma perché parlano quando si aprono o si chiudono, quando accarezzano o colpiscono, quando asciugano una lacrima o celano un sorriso, quando si posano su una spalla o accennano un saluto, quando lavorano, quando stanno ferme, quando dormono, quando si svegliano.

Le speranze hanno quel certo destino da compiere, nascere l’una dall'altra, ed è per questo che, malgrado le tante delusioni, non sono ancora finite a questo mondo.

Era facile dirlo, ma sarebbe stato molto meglio tacerlo, perché spesso le parole hanno effetti contrari a quelli che si erano proposti.

È il mio più grande difetto, dico tutto sul serio, anche quando faccio ridere, soprattutto quando faccio ridere.

Cos_tanti.

Parole che amo: costante, participio presente di con-stare, stare insieme.

lunedì 3 dicembre 2018

Parole che amo: baciare e com_baciare.

https://www.etimo.it/?term=combaciare&fbclid=IwAR36Ai9tSTYoS3pOYAC63y2hz5JbxjGwcDFHkRoDpGFvCDiKAIcyLAz8EX8
L’amara verità è che chiunque amiamo ha il diritto - e quasi sempre anche un valido motivo - per tradirci.

Ti va di salire a vedere la mia collezione di torto marcio?

“Come la rabbia di amare”.

L'ira della dea si trasforma in amore materno

Nella mitologia indiana, talvolta, è lo stesso Śiva che riesce a placare lo slancio distruttivo della sua paredra. Nel Liṅga-Purāṇa, ad esempio, si narra che il demone Dāruka prese a tormentare gli dèi e, a causa di una concessione, soltanto una donna avrebbe potuto ucciderlo. Brahmā, allora, si rivolse al dio Śiva, il quale a sua volta si rivolse a Pārvatī che entrò, senza che nessuno se ne accorgesse, nel corpo del suo sposo. Ivi la dea plasmò un nuovo corpo nero col veleno contenuto nella gola di Śiva e, successivamente, quest’ultimo la emise nella forma terrificante di Kālī, la quale, circondata da spaventevoli Incubi, i piśāca, trucidò Dāruka. Ciononostante, l’ira di Kālī non si placò. Tanto che l’universo intero, scosso dalle sue grida e dai suoi passi grevi, continuava a tremare. Fu così che Śiva, grazie al potere della sua māyā, assunse le fattezze di un bambino che piangeva per la fame. Trovandosi di fronte a quel fanciullo sofferente, allora, Kālī non poté fare a meno di soccorrerlo ed allattarlo. Con il latte, tuttavia, Śiva aspirò via anche la collera della dea.

Diego Manzi



Fonte:

Quanti ( e quali) modi di amare ci sono?

La_Shiva

Parole che amo: segretaria.

Segretaria, custode di segreti. Deriva dal latino secretum, participio passato del verbo secernere, mettere da parte. Non è dato di sapere se il segreto si rende necessario per coprire qualcosa di altrimenti riprovevole oppure per proteggere qualcosa di molto prezioso, e chissà che talvolta le due cose non coincidano.
Lasciare andare è un atto di volontà da esercitare ogni giorno.
L’incapacità di lasciare andare è strettamente collegata alla paura di “perdere” qualcosa o qualcuno. Paura che trae origine dalla percezione (presunta o reale) della “mancanza”, che ci sia stato brutalmente tolto qualcosa che ci apparteneva.