Recentemente ho scoperto quanto sia stato importante e proficuo il rapporto tra Gandhi e Tolstoj. Di seguito alcuni dei passaggi che mi affascinano di più.
Fonti:
http://serenoregis.org/2010/11/25/l’influenza-di-tolstoj-su-gandhi-Enrico-peyretti/
http://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/pace/NotizieC_1285945254.htm
Tolstoj fu certamente l’autore non indiano che più influenzò la formazione di Gandhi
(Gianni Sofri)
Quarant'anni fa, mentre attraversavo una grave crisi di scetticismo e dubbio, incappai nel libro di Tolstoi Il Regno di Dio è dentro di voi, e ne fui profondamente colpito. A quel tempo credevo nella violenza. La lettura del libro mi guarì dallo scetticismo e fece di me un fermo credente nell'ahimsa. Tolstoi fu l´uomo più veritiero della sua epoca. Fu il più grande apostolo della nonviolenza che l´epoca attuale abbia dato. Nessuno in occidente, prima o dopo di lui, ha parlato e scritto della nonviolenza così ampiamente e insistentemente, e con tanta penetrazione e intuito. La vita di Tolstoi, con il suo amore grande come l'oceano, dovrebbe servire da faro e da inesauribile fonte di ispirazione, per inculcare in noi questo vero e più alto tipo di ahimsa
Gandhi, 1894
[Gandhi] Conosceva i racconti popolari di Tolstoj e ne pubblica alcuni nel 1905 su Indian Opinion. Nello stesso anno 1905 riassume in brevi frasi didascaliche, su Indian Opinion, l’insegnamento di Tolstoj:
In questo mondo l’uomo non dovrebbe accumulare beni.
Per quanto male una persona possa arrecarci dovremmo sempre farle del bene. Questo è il comandamento di Dio e anche la sua legge.
Nessuno dovrebbe combattere.
È peccato esercitare il potere politico, poiché questo causa tanti dei mali del mondo.
L’uomo è nato per compiere il suo dovere verso il Creatore; dovrebbe perciò prestare più attenzione ai suoi doveri che ai suoi diritti.
L’agricoltura è la vera occupazione dell’uomo. È perciò contrario alla legge divina costruire grandi città, dar lavoro a centinaia di migliaia di persone che si occupano dei macchinari delle industrie così che i pochi sguazzano nel denaro. Se lo possono permettere sfruttando gli indifesi e la povertà della maggioranza.
In una lettera del 21 maggio 1910, Gandhi dice di Tolstoj: «Ciò che ha predicato, come del resto tutti i maestri del mondo, è che ogni uomo deve obbedire alla voce della propria coscienza, deve essere maestro di se stesso e cercare il Regno di Dio dentro di sé. Secondo lui non esiste governo in grado di controllarlo senza la sua approvazione. Tale uomo è superiore ad ogni governo»
In occasione della morte di Tolstoj disse: «La grande virtù di Tolstoj fu di mettere in pratica ciò che predicava.» In altre occasioni lo definì «il più grande dei satyagrahi» (colui che crede nella forza della verità)
Nel discorso del 1928 per il centenario della nascita, Gandhi prende spunto dal ricordo di Tolstoj per precisare ai seguaci del proprio movimento il concetto di nonviolenza: «Nonviolenza vuol dire un oceano di compassione, vuol dire respingere da noi ogni traccia di volontà negativa nei confronti degli altri. Non vuol dire abiezione o timidezza, oppure fuggire per paura. Vuol dire, invece, fermezza morale e coraggio, uno spirito risoluto» [...]
«Questa nonviolenza non si limita a rifiutarsi di uccidere creature invalide. Non ucciderle può essere dharma [dovere], ma l’amore va infinitamente oltre. A che cosa serve salvare le vite di creature invalide, se non si ha avuto visione di tale amore?»
(Forse Gandhi pensa all’eutanasia per pietà, che egli approva, a differenza di Tolstoj).
L’8 dicembre 1931, di passaggio a Losanna, in un discorso in pubblico, Gandhi chiarisce: «È stato spesso sostenuto che la dottrina della nonviolenza la debbo a Tolstoj. Non si tratta di una piena verità, ma certamente io ricavo dai suoi scritti la più grande forza. Ma come lo stesso Tolstoj ammise, il metodo della non-resistenza che ho coltivato ed elaborato in Sudafrica era differente dalla non-resistenza su cui ha scritto Tolstoj e che egli ha raccomandato. Questo non lo dico a detrimento della fama di Tolstoj. Non è allievo adatto quello che non costruisce sulle fondamenta poste dal suo maestro per lui. Egli ha solo bisogno di un buon maestro che possa permettergli di aggiungere all’eredità che lui stesso gli ha lasciato. Sarei un figlio non degno di mio padre se non ampliassi la mia eredità, e così io ho sempre considerato come un punto d’onore che, grazie a Dio, ciò che ho imparato da Tolstoj ha dato frutti cento volte maggiori. Tolstoj ha parlato spesso di resistenza passiva, ma la non-resistenza elaborata in Transvaal era una forza infinitamente più attiva della resistenza che un uomo armato può offrire e sono lieto di ricordare il fatto che in una lunga lettera che mi scrisse, senza esserne richiesto, disse che i suoi occhi erano puntati su di me ovunque fossi. E se studierete i movimenti del Sudafrica e dell’India, troverete come questa cosa sia capace di infinita espansione»
Le differenze tra i due si possono sintetizzare così: Tolstoj è predicatore-profeta, Gandhi è sperimentatore-innovatore: è stato chiamato il Galileo della scienza dei conflitti.
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