sabato 3 ottobre 2020

Lo zen e l’arte di non riuscire ad andare al mare in Salento.

[DISCAIMER: post dal contenuto impopolare che potrebbe fare venire voglia di rimuovermi dagli amici. Leggere con cautela, facendo bene attenzione a non farsi sfuggire la nota ironica].

Il mare del Salento per me è un po’ come il Molise: non esiste. E se esiste è fortemente sopravvalutato. Certo, per chi arriva in quelle acque partendo dal fondale melmoso di Chiatona potrebbe sembrare il Paradiso, ma per chi come me  è cresciuta col culo a mollo delle cristalline acque del Golfo di Orosei l’asticella delle aspettative si alza vertiginosamente. 

Ma il punto non è nemmeno questo. Sarò stata in Salento almeno una decina di volte e solo due mezze volte sono riuscita a fare un bagno appena decente. 

Una volta era inverno, e vabbè, si sa che nella stagione fredda le località marittime non si esprimono al meglio.

Un’altra manciata di volte anche se era piena estate il tempo era brutto. E se è pur vero che al meteo non si comanda, però che cavolo di ospitalità è questa?! Non è possibile che appena arrivo io, in piena crisi di astinenza da mare sardo, della promessa “lu sole, lu mare, lu ientu”, mi facciate trovare solo impetuose folate de “lu ientu”, tanto valeva andarmene a Torre a Mare in un giorno di maestrale, che risparmiavo chilometri e traffico.

Un’altra volta era piena estate e anche bel tempo... ma c’era talmente tanta gente che in spiaggia si aveva a disposizione uno spazio vitale inferiore alla superficie del proprio asciugamano, tale da non poter apprezzare la differenza con un ombrellone in ottantesima fila a Castellaneta Marina in un sabato di agosto. Il bagno si faceva praticamente in fila indiana e mentre respiravi il vicino panciuto poteva tranquillamente indovinare cosa avevi mangiato il giorno prima e se ti giravi di scatto rischiavi di infilargli un un gomito nelle costole. Per avere una possibilità di fare due bracciate bisognava raggiungere via mare la Calabria.

Solo un paio di anni fa sono riuscita a tuffarmi al volo e con soddisfazione da uno scoglio del lungomare di Gallipoli. In mutande, perché non avevo il costume con me e faceva troppo caldo per continuare a stare sotto il sole. Bella storia, però ecco, dalla fama del Salento mi aspettavo qualcosa di più di una fugace sveltina. 

Adesso sono appena tornata da una settimana a Galatone. Una casa in campagna presa con un gruppo di amici. Stavamo talmente bene tra di noi che ci siamo timidamente allungati a Porto Selvaggio solo un paio di giorni dopo essere arrivati e solo per mezzo pomeriggio. Perché non si può non andare in Salento e non andare al mare. Salvo poi renderci conto che a Porto Selvaggio non ci si può andare solo per un paio di ore, giacché ci vogliono quindici minuti di macchina e mezz’ora di camminata a piedi (al ritorno in salita!). E se poi come noi, manco a dirlo, sbagli strada, nemmeno riesci a trovare la famosa baia, ti ritrovi a constatare che gli scogli sono talmente appuntiti da rendere la calata in acqua un’impresa alla Tom Cruise in Mission Impossible, soprattutto nei giorni in cui abbonda “lu ventu”, l’unica cosa che - ormai si è capito - in Salento non scarseggia mai. Per fortuna la casa era bella e la compagnia ottima, quindi restare a casa a magnare, beve’ e cazzeggiare ci ha fatto passare ogni altra velleità balneare. 

Tra un paio di giorni ci riprovo, motivi di lavoro mi porteranno a San Foca. Non è dato di sapere se e con che grado di soddisfazione potrò ammollare il mio culo in acqua. Vi farò sapere.

 Diamoci un’altra possibilità Salento, in fondo non sei tu, sono io. Però, almeno per una volta abbassami sto “lu ientu”, ecchecazz! 


P.S. 

Nota seria. Al di là di battute e scherzi, il Salento è diventato un cimitero di ulivi. Distese di tronchi tagliati, ovunque. Uno spettacolo macabro che fa davvero male al cuore. Abbiamo pianto lacrime amare per questa terra martoriata. Io non so bene della storia della xylella e della questione no tap, ma vedo che stiamo distruggendo le cose più belle della nostra terra senza capire che tutto ciò che infliggiamo alla terra lo infliggiamo a noi stessi. Forza ulivi, forza Salento, forza Puglia, forza Terra. La natura troverà la sua strada per risorgere, ma noi esseri umani restiamo comunque delle merde. 



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