venerdì 7 maggio 2021

Genuino Némus, La teologia del cinghiale

(citazioni dal libro)

Lo apostrofò con un tono che ammetteva , sì, repliche, ma di quelle sarde: in silenzio e con gli occhi pieni di molto, molto rancore.

Uomo tu pensi di scegliere la musica
ma è la musica che ti sceglie.

Gli ultimi minuti di dormiveglia sono i più belli e fantastici e non solo per i bambini; i pensieri scorrono liberi e selvaggi e sembrano cinghialetti rossi; si accavallano senza logica e ti sembra di essere uno sciamano di Mamoiada a cui tutto è concesso, anche fare pensieri “proibiti”.

Le amicizie, quelle vere, quelle tra uomini, nascono dalle debolezze.

Capiva la povertà come solo i sardi sanno capirla: in silenzio e con dignità.

Quante cose possono accadere in un solo giorno; quasi niente in confronto a quelle che possono accadere in un’ora; nulla, proprio nulla, se le paragoni a quelle che possono capitare in un solo minuto: se non provi a descriverlo, naturalmente.

Quando tutto si tramuta in tormento
quando tutto ti sembra uno spavento
bisogna fare come il vento
rannicchiarsi e trasformarlo in canto.

“Non negare mai, afferma raramente, distingui frequentemente”.

Aveva il dono più bello che uno potesse avere, quello della musica e del ritmo.

Mi insegnava come si insegna veramente: senza voler insegnare.
[...]
I suoi dischi li “nascondeva” così bene che potessimo trovarli, e lui lo sapeva.
Perché così si insegnano le cose davvero importanti: nascondendole.
[...]
Dovevamo scoprirlo da soli: questo era il suo insegnamento.

«Non è che avreste qualcosa da mangiare?».
Non ci sono né ristoranti né pizzerie a Telévras. Ci sono solo due bar, ma in uno c’è scritto “Snack” e la gente di una certa età non ci entra, perché il bar è una cosa seria.
«Se vi accontentate... un po’ di pane che facciamo noi, con del prosciutto che facciamo noi... un po’ di pecorino che facciamo noi, e un po’ di cannonau che facciamo noi...».
«Anche la birra la fate voi?».
«Quella no, accidenti. C’abbiamo l’Ichnusa, la birra sarda».
Pensate a uno scherzo.
Ora magari la bevete sempre, salvo scoprire che la sede è in viale Monza a Milano, ma allora (nel 1969, ndr) era tutta un’altra cosa. È sempre per scherzo pensate che vi porti un po’ di birra in un bicchiere e ve la spacci per sarda.
Avete viaggiato, voi, e nessuno vi può fregare.
E invece vi arriva una bottiglia stupenda, una di quelle con il tappo ermetico e i 4 mori disegnati sull’etichetta e, insieme a questo splendore, un’altra bottiglietta con scritto: “Vera Gassosa di Sardegna”. È buonissima.
Avete già bevuto le birre in tutti gli angoli di mondo nei quali siete già stati ma questa le batte tutte.
Certo, il caldo, la polvere delle strade bianche aiutano molto nel giudizio; e soprattutto il mare, che vedete in lontananza è in linea d’aria sembra lì, a portata di mano, solo che se provaste ad arrivarci per quelle strade dovreste farvi 25 km in due ore.

Perché la fede non è gioia, non è umorismo, non è allegria?

Morire andando in paradiso è come camminare da Siniscola ad Arbatax, costeggiando l’orientale di spiaggia in spiaggia.
[...] Piacevolissimo, stancante certo, ma meraviglioso.
[...] Lo capii meglio quando il caso volle che dovessimo andarci con la corriera della Satas: ecco, quello sì che fu un inferno.

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