Parole che amo: salita, che ti conduce in alto, fisicamente, ma anche moralmente, e perché no, spiritualmente.
Che le salite sono dure la bici te lo insegna subito, ma al tempo stesso ne intuisci e subisci anche il fascino, ancora di più se il tuo mentore è un appassionato scalatore.
In salita sudi, soffri, a volte bestemmi, ma entri anche in contatto con la parte di te che ce la vuole fare a tutti i costi, che prende la misura dei propri limiti e ci scende a patti, ma non molla. Non importa quanto lenta sei, quanta fatica fai, piano piano insieme al fiatone e alla stanchezza delle gambe sale anche un’intima sensazione di soddisfazione, di riuscire in qualcosa che non credevi possibile, che non avresti mai, ma proprio mai, pensato.
E non fai nemmeno in tempo a goderti il panorama mozzafiato, che dopo la salita inizia inevitabilmente la discesa, anch’essa con le sue sfide e insidie: solo apparentemente più facile, forse meno faticosa, ma comunque capace di incutere paura, soprattutto per chi come me non è brava a lasciare andare. Sarà perché mentre la strada scende la paura di perdere il controllo sale, sarà che mi piace andare in alto ma non in basso e questo mi ricorda che ci vuole umiltà sia nel salire che nel scendere, sia quando non hai altra scelta che quando ti sembra di poterne fare a meno.
La bici, passione recente ma già intensa e profonda, tante cose da scoprire, un meraviglioso mentore da cui imparare e tanti chilometri da macinare con le gambe e dentro me stessa.
Crea dipendenza. Quella buona.
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