Paradosso di Meucci.
Vengo a fare yoga perché ho bisogno di rilassarmi, ma se devo spegnere il telefono per un’ora vado in panico.
sabato 6 novembre 2021
SEGNI DEL DESTINO o della magica predittività dei numeri.
Era il 2000, avevo 26 anni. 26: 2+6 = 8, il mio numero, guarda caso.
Quell’anno, tra le altre cose mi laureai in Scienze della Comunicazione, con 2 anni di ritardo rispetto alla durata curricolare del corso. Avevo finito gli esami in tempo, ma poi mi trasferii a vivere in Puglia con il mio ragazzo, iniziai a lavorare e in realtà l’argomento che avevo scelto per la tesi di laurea non mi appassionava un granché.
Avevo faticato a trovare un professore che mi desse la tesi. Non avevo niente di preciso in testa e nel cuore su cui lavorare, i professori si aspettavano che fossimo noi studenti a proporre qualcosa da sviluppare, io avevo solo voglia di prendere la laurea e continuare per la mia vita che aveva già preso altre strade.
Quindi andai da un professore che non diceva di no a nessuno, e con scarso entusiasmo feci una noiosissima tesi compilativa per concludere la quale mi ci vollero due anni. Non sapevo ancora niente di yoga e spiritualità, che avrei iniziato a studiare 5 anni dopo, mi consideravo atea e tutto ciò che aveva a che fare con la religione mi procurava attacchi di orticaria intellettuale.
Presi 108, un voto sicuramente non basso, ma comunemente considerato mediocre per un laureato in Scienze della Comunicazione di quegli anni.
Non ci badai troppo, tanto il titolo di studio sarebbe finito nel cassetto, anzi appeso al muro come ricordo della mia formazione più umana che professionale in quegli anni a Siena. Ma in un angolo del mio cuore quel 108 era il sigillo della mia scarsa autostima, della mancanza di fiducia in me stessa, che non ero riuscita a concludere un percorso di studi, che pure avevo amato molto, con un progetto che mi appassionasse davvero, anche solo per soddisfazione personale.
Non so perché l’altro giorno mi sono ricordata di tutto ciò, e ho sorrido, pensando a quell’occhiolino della vita beffarda, che ci parla attraverso cose minuscole e apparentemente insignificanti, senza curarsi di quando e come, la staremo poi ad ascoltare.
Oggi a distanza di più di vent’anni guardo a quel 108 con occhi diversi. Per chi fa yoga e in tanti percorsi spirituali è un numero sacro, misterioso, magico. Forse la vita tramite quel voto mi stava già indicando la mia strada, mi stava offrendo un timido indizio di ciò che ancora non ero ma sarei diventata, o forse che già ero ma non riuscivo ancora a vedere.
In fondo avrei potuto prendere 106, 107, 109, con un po’ più di impegno ed entusiasmo forse anche 110. Ma la verità è che oggi non avrei voluto nessun altro numero nella mia storia che quel magico 108 che fece capolino come una bussola spirituale.
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