Che posto assurdo gli ospedali. Un microcosmo autosufficiente dove vige incontrastata la regola dell’assurdo.
Malattia e morte continuamente sotto gli occhi dei vari operatori, infermieri e medici. Mestieri nobili e ingrati.
Indifferenza e compassione si intrecciano. Sofferenza e vita che scorre nonostante tutto si fondono.
Scorre lento il tempo, eppure scorre.
Giornate infinite ad aspettare la fine della flebo, a sussultare ogni volta che il solito vecchio grida disperato, ad ascoltare le voci della tv in sottofondo, tra le chiacchiere di parenti-assistenti che solidarizzano e si confrontano.
Ogni piccolo gesto o azione diventa un evento: l’arrivo del pasto, scendere al bar a prendere un caffè, l’arrivo di una faccia amica durante l’orario di visite. È qui che si rivaluta l’importanza delle piccole cose e delle persone, tutto ciò che si dava per scontato diventa improvvisamente importante e prezioso.
Ed è difficile trovare un senso in tutto ciò, ed è strano rendersi conto che il senso sia ricordarsi di quanto sia bello poter andare al cesso in assoluta autonomia senza doversi vergognare o infine arrendersi a doverla fare dentro ad un pannolone, una padella, un catetere.
Ecco che cosa sono la salute e la libertà, avere padronanza dei propri sfinteri, ovvero poter cagare in santa pace e senza dipendere dagli altri. Verrebbe quasi da sorridere e pensare... che insegnamento di merda!
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