domenica 29 luglio 2018
mercoledì 25 luglio 2018
Parole che amo: oblio.
Dal latino ob... Ops, non ricordo più.
A proposito di oblio... riflettendo e cercando il significato delle parole sulla memoria mi sono imbattuta in questo post di un'amica che coglie già perfettamente e anzi ampia (anche grazie ai commenti) il mio pensiero in proposito.
Dice la mia amica Tundra:
“Ho imparato che esistono tre verbi della memoria.
Ricordare, rimembrare, rammentare.
Rammentare ha relazione con il ricordo del pensiero, della mente.
Rimembrare rievoca il ricordo del vissuto corporeo.
Ricordare porta ai ricordi del cuore, delle emozioni”.
In un commento si fa notare l’interessante particolare per cui le parole contrarie esistono solo per la mente (dimenticare) e per il cuore (scordare, che curiosamente si usa anche quando uno strumento musicale perde l’accordatura e diventa dissonante) e non per il corpo. Come se una memoria impressa nel corpo diventasse in qualche modo indelebile.
In realtà esiste la parola smembrare, che significa separare il corpo in più parti, che detta così sembra una cosa piuttosto cruenta, e forse lo è. Però c’è una cerimonia sciamanica detta di smembramento che consiste proprio nel “squartare” esotericamente/metaforicamente il corpo, custode di memorie disarmoniche e di dolore, per riassemblarlo in un nuovo corpo rigenerato.
Possiamo attivare e disattivare il nostro ultimo accesso.
Possiamo attivare e disattivare la conferma di lettura.
Possiamo silenziare, bloccare e cambiare idea.
Possiamo addirittura cancellare i messaggi.
Bene, se sono veramente SMART-phone, adesso voglio su tutte le app di messaggistica anche la funzione che, tutte le volte che mandi un messaggio a quel numero che “PROPRIO-NON-DEVI”, autodistrugga immediatamente il messaggio e ti faccia apparire a tutto schermo una gif animata imperativa con la scritta: “CHE CAZZO STAI FACENDO, COGLION*?!?!?”
Ovviamente e tristemente tratto da una patetica storia vera.
Promemoria per me stessa e per chiunque ne possa trarre beneficio.
Nel concedermi la libertà di essere “davvero me stessa”, tener in conto la possibilità di riscoprire che la “vera me” sia una grandissima pezza di merda.
Corollario: dice Jaron Lanier che i “social media ti stanno facendo diventare uno stronzo”. In molti sono già partiti avvantaggiati.
L’arte della magia, Terry Pratchett
Citazione dal libro.
Nessuno diceva male delle streghe. Almeno finché desiderava risvegliarsi al mattino con lo stesso aspetto di quando era andato a letto.
«Se vale la pena di fare una cosa, tanto vale farla male», sentenziò la Nonnina, rifugiandosi negli aforismi, ultima risorsa di un adulto messo alle strette.
Non è una brutta vita, pensò l’albero. Sole. Aria fresca. Tempo per riflettere. In primavera anche le api.
Era quello il momento, quando la notte non era ancora terminata ma il giorno non del tutto iniziato, che i pensieri si presentavano chiari e precisi, senza maschera.
«Sai volare?»
«Ci sono cose migliori che volare».
Parole che amo: considerare e desiderare
Con-sider (nel senso di stella) - are: guardare le stelle insieme.
De-sider-are: rivolgersi per chiedere alle stelle, o forse allontanarsi dalle stesse e percepire una mancanza.
A proposito, ci avete mai fatto caso che per poter guardare le stelle è necessario stendersi completamente a terra?
mercoledì 18 luglio 2018
Parole che amo: piuma.
Dal latino pluma, e dalla radice sanscrita PLU ondeggiare, galleggiare. Dando così l’idea che gli uccelli, grazie alle piume, nuotino nell’aria.
venerdì 13 luglio 2018
mercoledì 11 luglio 2018
Avere avuto nell’adolescenza una madre amorevole ma piuttosto severa ti può fare correre il rischio di diventare a tua volta una madre di figlia adolescente troppo permissiva.
Il meccanismo psicologico è anche piuttosto banale: per evitarti di ricevere tutto l’odio, la rabbia e il rancore che quella severità ti ha suscitato, per contrasto, ti comporti nel modo opposto.
Bene vi svelo un segreto: non funziona.
(Ma tranquilli, non farò spoiler e non vi toglierò il piacere di scoprire da voi il perché e il percome).
lunedì 9 luglio 2018
Parole che amo: confini e cominci.
E se invece di confini (con+fine, finire insieme), si chiamassero cominci (da cominciare, dal latino cum+initiare, iniziare insieme - mantenere una linea di contatto seppure espandendosi verso direzioni diverse), non sarebbe meglio? Potrebbe chiamarsi il comincio tra Francia e Italia, il comincio tra India e Cina, ecc...
Con-fine. Il punto dove di due aree si incontrano e con-dividono un elemento che le separa e nello stesso tempo con-nette.
Può sembrare paradossale, ma tracciare i confini è un tracciare una linea di contatto più ancora che di separazione.
Adoro i luoghi di confine. Catalizzatori di energie speciali e dispensatori di possibilità. Puoi ancora scegliere da che parte andare. Anche i tempi di confine sono i miei preferiti: Alba, tramonto, fasi lunari, eclissi, equinozi, solstizi. Porte, passaggi, dove non sei più una cosa (tanto per dire, notte) e non sei ancora l’altra (il giorno), in cui se già qualcos'altro (che ne so, autunno), ma porti ancora i segni di ciò che hai lasciato (estate). Ma credo che sì, tutto ciò si possa anche estendere alle relazioni esattamente con la stessa simbologia.
Senza confini ci sarebbe confluenza e quindi un grande caos, se non ci sono confini io non mi identifico e quindi non ci può essere contatto. Questo non significa che il confine è negativo, anzi esso è sacro, soprattutto nelle relazioni. Potrebbero chiamarsi anche punti di relazione e punti di risonanza, quando sono armoniosi, oppure punti di dissonanza in caso contrario.
Parole che amo: astro e stella, disseminato nel cielo.
Le stelle non hanno bisogno di essere ammirate per sapere di essere belle.
mercoledì 4 luglio 2018
Parole che amo: farfalla, in tutte le lingue.
La farfalla è un insetto silenzioso ma inquieto, simbolo di leggerezza e di metamorfosi. È una parola speciale e unica anche per la quantità di varianti e sfumature di significato con cui viene chiamata in ogni lingua. Di seguito un elenco delle etimologie, delle traduzioni e delle curiosità intorno a questa parola che mi hanno più colpito.
In italiano farfalla, da parpaglia, a sua volta, dal latino papilionem (accusativo di papilio). Sembra ricollegarsi alla radice indoeuropea spar- o sfar- = muoversi vibrando da cui anche il greco antico πάλλω (pallo) = vibro, scuoto. Dalla stessa radice deriva la parola palpebra. Farfalla significa, quindi, insetto che si muove, che vola facendo vibrare le ali. Hanno la stessa origine etimologica anche Il francese papillon e il catalano papallona.
In spagnolo mariposa deriva da Mari, troncamento di Maria, e posa, imperativo del verbo posar (posare). Nelle vecchie canzoni popolari e nelle filastrocche ci si riferiva a questi lepidotteri chiamandoli Maria e si cantavano versi tipo: “María pósate, descansa en el suelo” (Maria, posati, riposa sul terreno). Curiosità: in gergo la parola mariposa quando è rivolta ad un uomo è dispregiativa e significa effemminato, omosessuale.
In inglese ci sono diverse teorie sull'origine di butterfly. Secondo una leggenda di derivazione tedesca potrebbe derivare dalla vecchia credenza che le farfalle (o le streghe con quella forma) rubassero il latte e il burro rimasti scoperti.
Secondo il dizionario di Oxford, potrebbe avere origine dall’antica parola olandese boterschijte, e si riferisce alla somiglianza tra il colore degli escrementi degli insetti ed il burro (con un passaggio da butter-shit a butter-fly).
Secondo altri ancora, più semplicemente il nome si riferisce al colore giallo pallido delle ali di molte specie di farfalle, che ricorda quello del burro.
Da notare che butterfly è l’anagramma di flutter by, svolazzare intorno.
In portoghese borboleta, e il corrispondente diminutivo belbellita provengono dalla radice latina bellus ovvero bene, bello. Pertanto, borboleta significa letteralmente "piccola cosa bella". Esiste una espressione filé de borboleta (fettina di carne di farfalla), usata per indicare una persona eccessivamente magra, scheletrica. In generale la farfalla è metafora di delicatezza e volubilità. In portoghese brasiliano si usa anche la parola onomatopeica panapaná, che richiama il suono del battito di ali degli sciami di farfalle che in determinati periodi dell’anno migrano formando delle vere e proprie nubi.
In greco moderno si dice πεταλούδα, petalouda, perché le ali ricordano i petali dei fiori, rimandando alla bella immagine di un fiore volante. La parola petalouda è direttamente correlata alla parola psicologia e ci mostra la stretta relazione tra la mente dell'uomo e la sua natura spirituale. Infatti, il termine greco psiche originariamente aveva due significati: il primo di questi era anima, cioè la fonte più profonda della vita nell'uomo. Il secondo era farfalla, che simboleggiava lo spirito immortale. Nella mitologia greca la personificazione dell'anima (Psiche) era generalmente rappresentata da una figura femminile, più ragazza che donna, con ali di farfalla. Le popolari credenze greche concepivano l'anima come una farfalla, quando lo spirito veniva strappato da un corpo, assumeva la forma di una farfalla. Quindi nella simbologia greca farfalla significa trasformazione, anima, liberazione, fortuna, sensualità, psiche. In seguito anche in latino animula (piccola anima) divenne sinonimo di farfalla.
Nella foto Psyche con ali di farfalla
Artist: Wolf von Hoyer
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In russo БАБОЧКА baboska vuol dire sia farfalla che piccola donna anziana, nonnina, oltre che matrioska. In pratica in russo la parola farfalla è un diminutivo di nonna. Questo perché tradizionalmente si credeva che l'anima delle donne anziane continuasse a vivere sotto forma di farfalla. A questa parola russa è riconducibile anche la parola befana. Avreste mai sospettato che la sciatta vecchietta sulla scopa sotto sotto fosse una leggiadra farfallina?
In Lettonia la farfalla si chiama tauriņš.
Probabilmente l’etimologia della parola si rifà a taure (corno), per la somiglianza tra le antenne della farfalla e i corni (strumenti musicali che venivano ricavati dalle corna degli uri, antica specie di tori ormai estinti). Si ritiene che gli uri (in lettone taur) fossero molto diffusi in Lettonia, perché ci sono molti luoghi il cui nome inizia per Taur, e probabilmente i loro sinuosi corni trasformati in strumenti musicali ricordavano in qualche modo le farfalle.
In estone abbiamo liblikas che potrebbe derivare da lible che significa fiocco, ma anche foglia d'erba.
In svedese farfalla è fjäril, parola etimologicamente imparentata a fjäder che vuol dire piuma.
Modi di dire svedesi associati alla farfalla:
- avere le farfalle nello stomaco
- effetto farfalla
- dal brutto bruco alla bella farfalla
- vivere un giorno solo come le farfalle
- le farfalle sono associate alla bellezza e alla fragilità
- il biologo che corre in giro con la sua rete per acchiappare le farfalle è un simbolo sia di dedizione che si l'interesse ossessivo.
In norvegese e danese è sommerfugl, tradotto letteralmente, uccello estivo. Curiosamente in danese la parola inglese butterfly viene utilizzato per indicare il papillon da smoking.
In Cornovaglia farfalla si dice tykki duw.
Tykki significa cosa bella e duw significa dio. Falena è tykki duw nos, dove nos significa notte.
In gallese si hanno più parole per farfalla.
Iâr fach yr hâf che letteralmente significa piccola gallina estiva. Pili pala, che sembra essere un incrocio tra il latino papilio e l’italiano farfalla.
In sloveno farfalla è metulj.
Come altre varianti slave, deriva probabilmente da mesti̋, mȅtǫ, che significa spazzare, muoversi a scatti di qua e di là, in modo confuso, riferendosi metaforicamente al volo irrequieto e non lineare della farfalla.
In serbo e in croato si dice leptir.
La desinenza -tir al pari della desinenza greco Latina -pterus (in italiano -ttero) significa ala e rimanda al volo. La stessa desinenza la ritroviamo anche nella parola vampir (vampiro). La radice della parola lep significa semplicemente bella. Quindi una traduzione letterale porterebbe essere bellissime ali.
In albanese abbiamo flutur, in rumeno fluture, entrambe si rifanno a flutter, svolazzare.
In ungherese ci sono due parole per dire farfalla: pillangó e lepke.
Pillangò e una parola antica che proviene dalla radice pillan, che significa aprire le palpebre oppure bagliore, ed assimila il battito d’alto delle farfalle a quello delle palpebre degli occhi oppure ad una luce lampeggiante.
Lepke invece si rifà alle parole lebeg e lebben che significano fluttuare nell'aria, svolazzare.
In ebraico abbiamo parpar, dal verbo lepharper svolazzare.
In yiddish si dice flotterel, che - come si può probabilmente intuire - deriva dal verbo flottern, fluttuare. L’altra parola yiddish per farfalla è babele, ma non è dato di sapere se e come si collega alla famosa torre.
Molto curiosa la parola farfalla in africaans, dove si dice skoenlapper che in olandese significa ciabattino/calzolaio (skoen= scarpa, lap= toppa). Questo probabilmente perché le toppe che si usavano per riparare le scarpe somigliano proprio alle ali delle farfalle. A questo proposito risulta ancora più curioso che la posizione yoga chiamata baddha konasana (che letteralmente significa posizione del l’angolo legato) venga chiamata sia posizione del ciabattino (per il modo tipico di lavorare dei ciabattini indiani in questa posizione) che posizione della farfalla (per la forma che assumono le gambe, ad ali di farfalla).
In olandese e in africaans farfalla si dice anche vlinder e le persone molto socievoli vengono definite social vlinder, farfalle sociali.
In lingua sotho-tswana (Sudafrica) farfalla si dice serurubele, e anche qui si crede che alla morte l’anima, o spirito incarnato, lascia il corpo, come una farfalla che esce dal bozzolo.
In lingua cree (dei nativi canadesi) farfalla si dice con la parola palindroma kamâmak, mentre farfallina si dice kamâmakos.
In cinese, la parola per farfalla è 蝴蝶 (hú dié) ed è simbolo di longevità poiché il suono dié indica anche l’età compresa tra i 70 e gli 80 anni (età anticamente considerata irraggiungibile per i più).
Il carattere finale 枼 ha anche il significato di foglie, riferendosi alle ali di farfalla sottili come foglioline.
In Giappone, farfalla è: 蝶 CHOCHO ed è associata alla femminilità, inoltre due farfalle indicano la felicità coniugale.
In Malesia farfalla si dice rama-rama anche se spesso si fa confusione con la parola falena, ovvero kupu-kupu.
Rama-rama è la farfalla vera e propria, e in poesia simboleggia le donne in generale, a causa della sua natura fragile, delicata e trasformativa. Vola da un fiore all'altro durante il giorno. È un termine positivo, per descrivere una ragazza che si trasforma in una bella signorina come una farfalla. L'origine della parola rama-rama non è chiara. Potrebbe derivare dal sanscrito (Malesia e Indonesia hanno molte parole che arrivando dal sanscrito) e forse fa riferimento al principe Rama, reincarnazione di Vishnu, menzionato nelle antiche scritture vediche e nei racconti epici della letteratura indù: il Ramayana e il Mahabharata.
Anche Kupu-kupu può essere usato per descrivere le donne ma con una connotazione negativa. Questi insetti di solito escono di notte e sono attratti dal calore e dalla luminosità delle ore notturne. Kupu-kupu malam (falene notturne) è usato per riferirsi alle prostitute.
Vediamo come si dice farfalla in alcune delle principali lingue indiane.
In telugu (la seconda lingua più parlata in India), la farfalla viene chiamata sitakokachiluka.
Sita= nome di una bellissima Dea
koki= sari colorato
chiluka= pappagallo, ma qui si intende insetto volante.
Quindi letteralmente significa insetto volante e colorato proprio come il bel sari della Dea Sita.
Come sempre c’è una storia mitologica dietro questo nome. Brahma (Dio creatore) si arrabbiò con il bruco perché mangiando tutte le foglie aveva rovinato il suo bel giardino e lo maledì a diventare una pietra tra i fiori e le foglie. Gli altri animali del giardino supplicarono il Dio di non farlo poiché anche il bruco era una sua creatura e mangiare le foglie era la sua propria natura. Brahma si calmò e rese la maledizione a trasformarsi in una pietra solamente temporanea. E dopo pochi giorni la pietra si trasforma in un insetto volante bello e colorato come il sari di Sita.
In bengalese si dice "প্রজাপতি" prajapati,
La sua traduzione letterale è:
প্রজা Praja cioè persone / mondo
+
পতি Pati cioè Maestro / Signore.
=
Maestro / Signore del Popolo.
In questa storia il Signore Brahma era un avatar di Prajapati. Brahma è sempre stato riverito come Signore della Progenie, da qui il nome.
Nei matrimoni tradizionali bengalesi indù, la farfalla/prajapati è considerata di buon auspicio, tanto che ogni partecipazione nuziale bengalese indù inizierà con "Om Shri Shri Prajapataye Namah", il mantra di base per il matrimonio, per propiziare la cerimonia e i desideri degli sposi.
Nella foto una partecipazione di nozze, il pennarello verde evidenzia Shri Shri Prajapataye Namah. I cerchi blu raffigurano motivi di farfalle che simboleggiano il Signore Prajapati.
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Ci sono due parole comunemente usate per la farfalla in malayalam (lingua del Kerala, India del sud) - poompaatta (പൂമ്പാറ്റ) e chithrasalabham (ചിത്രശലഭം).
La prima പൂമ്പാറ്റ è di origine dravidica, dove poovu (പൂവ്) significa fiore (പാറ്റ) e patta significa insetto volante. Quindi la traduzione letterale sarebbe un fiore che vola (guarda caso come nel greco moderno!).
La seconda parola ചിത്രശലഭം è di origine sanscrita dove chithram (ചിത്രം) significa immagine / disegno / pittura e salabham (ശലഭം) significa insetto volante, quindi in una fantasiosa traduzione inglese potrebbe diventare picturefly o artfly, disegno che vola.
In tamil (un’altra lingua indiana) pattampoochi, che si può tradurre come insetto che vola come un aquilone.
Ecco, infine, un elenco non esaustivo di traduzioni nelle più svariate lingue. Si può notare che in molte lingue c’è spesso una ripetizione sillabica, forse a richiamare onomatopeicamente il battito delle ali. Qual è la vostra preferita? Ne conoscete altre?
Afrikaans: scoenlapper / vlinder
Albanese: flutur
Algerino: bu frtutu
Amarico (Etiopia): burabiro
Arabo: faraash / farasha /abu daqeek
Baagandji (lingua aborigena del New South West, Australia): bilyululijga
Bambara (Mali): dimago
Basco: tximeleta / pinpilinpauxa
Bengalese: prajapati
Bielorusso matylok
Bulgaro:peperuda пеперуда
Cebuano (Filippine) kaba-kaba
Cheyenne: hevavahkema
Cinese: 蝴蝶
Coreano: 나비 nabi
Creolo capoverdiano: gorgoleta
Danese: sommerfugl
Djingli (Australia Territorio del Nord): marlimarlirni
Ebraico: parpar
Esperanto: papilio
Estone: liblikas
Figiano: bebe
Filippino: paruparò
Finlandese: perhonen
Francese: papillon
Fulani (Africa occidentale): lilldeh
Gallese: pili pala / glowyn byw / iar fach yr haf / plyfyn bach yr haf
Giapponese: 蝶 chocho
Greco: petalouda ΠΕΤΑΛΟΎΔΑ
German: schmetterling
Gujarati: patangeo
Hausa (Nigeria): bude-littafi
Hawaiano: pulelehua
Hindi (India): titli
Indonesiano: kupu-kupu
Inglese: butterfly
Inuit (Alaska): taqalukisaq
Islandese: fidrild
Italiano: farfalla
Irlandese: féileacán
Kitaita: kifurute
Kwanyama (Namibia e Angola): onanga
Lao: maingkabula
Latino: papilio
Lituano: drugelis, peteliske
Luo: oguyo
Lingala (Congo): mpornboli / kipouzala
Majang (Nilo-Saharano): bimbilo
Masai (Kenia): osampurumpuri
Mayi-Kulan (Queensland, Australia): pardirr
Mekeo (Paupa): fefe / fefe-fefe / pepeo
Motu (Papua): kau-bebe
Nahuatl (lingua azteca): papalotl / huitzil
Navaho: ho'o neno
Ngaju Dayak (Indonesia): kakupo
Norvegese: sommerfugl
Olandese: vlinder
Paiwan (Taiwan): kalidungudungul
Patwah (Giamaica): zanimo
Persiano: parvaneh
Polacco: motyl
Portoghese: borboleta
Rumeno: fluture
Russo: baboska БАБОЧКА
Senegalese: lupe lupe
Serbo-Croato: leptir
Shona (Zimbabwe) : shavishavi
Sinhala (Sri Lanka): samanalaya
Sloveno: metulj
Somalo: balanbaalis
Sotho-Tswana (Sudafrica) serurubele
Spagnolo: mariposa
Svedese: fjäril
Swahili: kipepeo
Swazi (Africa meridionale): luvivane
Tok Pisin (Nuova Guinea): bataplai, bembe
Tiwi (lingua aborigena australiana): kwarikwaringa
Trukese (Oceania): nipwisipwis
Tshiluba (Zaire): bulubulu
Tedesco: schmetterling
Turco: kelebek
Ungherese: pillangó
Vietnamita: bayboum
Wik-Ngathan (lingua aborigena australiana): kalpakalpay
Xitchangani (Mozambico): phapharati
Yiddish: babele
Yoruba (Nigeria): labalaba
Zulù (Sudafrica): uvevan
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